Ci sono questioni che ci perseguitano da sempre, che tornano ciclicamente in voga. Una di queste è: che cosa distingue la roba buona dalla musica di merda? Perché l’interrogativo vale su tutti i livelli, dagli artisti che riempiono gli stadi a qui, dove parliamo di quelli che non riempiono nemmeno i bar. Il punto lo pone questo mese per noi Federico Dragogna de I Ministri, andatevelo a leggere perché la sua risposta è poetica. Un’altra bellissima risposta però la troviamo nel pezzo che ci ha scritto Giacomo Gelati (Altre di B): la totale libertà di non gareggiare. Avete presente quella imbarazzante sensazione (oggi il web ci ha regalato il termine cringe) che si prova quando, anche solo per un attimo, ci rendiamo conto che chi suona fa una determinata cosa solo ed esclusivamente per piacerci? Una parola nel testo, un gesto sul palco, un capo di abbigliamento messo lì solo ed esclusivamente per ammiccare a noi che lo subiamo, ma estraneo dalla natura di quell’artista. Ecco quello è il segnale: correte via a gambe levate.
Che poi è comprensibile: i management, le agenzie, gli uffici stampa, tutti coloro che provano giustamente a marginare qualcosina dalla musica suggeriscono qualche scorciatoia che può mettere questo artista sopra agli altri, nella gara per l’attenzione mediatica, almeno per una settimana. Perchè per arrivare primi nelle classifiche, sui tabelloni dei festival, nelle copertine, non basta soltanto ciò che viene fuori spontaneamente, il tutto va ben condito di accortezze.
Funziona così e mi viene da pensare che sia una dinamica tutta cittadina, di business. Posizionarsi vicino a chi funziona oggi e rendere riconoscibile il brand, lavoro nel settore e so di cosa parlo: marketing.
E allora mi allineo a Enrico Molteni dei Tre Allegri Ragazzi Morti e de La Tempesta Dischi nell’augurarvi di riuscire a portare sempre con voi quella genuinità tipica della non competizione della provincia.
Insomma, musicisti di oggi e di domani, che possiate non arrivare mai primi.
Alberto Tessariol, Dischi Sotterranei