La musica è un pretesto, lo dico da quando ho provato cos’è viaggiare coi miei migliori amici. Che poi, in fin dei conti, mi è sempre stata in culo questa esplicitazione di migliore amico, come a sminuire ogni altra interazione, come a voler dichiarare una certa indulgenza a priori nei loro confronti. Anche se stronzi, anche se deplorevoli.
Una volta in viaggio abbiamo questionato perché avevamo la possibilità di andare a fare un concerto a 600 chilometri da New York City. Jamestown, praticamente ai confini col Canada. E Giovanni non se la sentiva perché il giorno dopo avremmo avuto l’aereo di ritorno. Alla fine ha detto massì, cosa vuoi che sia, e quel concerto l’abbiamo fatto: e nelle due ore che siamo stati a Jamestown abbiamo addirittura infranto il cuore di Ashley, che voleva baciarci.
La musica è un pretesto come i vizi, la letteratura, lo sport e il viaggio. È il burrito a colazione, è l’host di un locale di Houston che vive nell’automobile davanti all’entrata, è la collina di San Francisco appannata, sono le sequoie, i tetti di Brooklyn, la comprensione di ogni istante in compagnia. Ma anche la prima intervista in inglese per dire sostanzialmente che siamo lì perché non avremmo fatto altro nella vita. La musica è quello che per Aristotele è il profondo concetto di poesia, che si differenzia dalla storia per concedere un ballo sul palco dei mondi possibili.
Cioè una scusa per stare con gli amici.
Quelli migliori, s’intende.
Buona.
Giacomo Gelati – Altre di B